«I gesti d’amore cambiano la storia: anche quelli piccoli, nascosti, quotidiani. Perché Dio guida la storia attraverso il coraggio umile di chi prega, ama e perdona». Pregò, amò e perdonò santo Stefano, primo martire cristiano, che ha ispirato le parole di papa Francesco lo scorso 26 dicembre, ma anche la schiera di «fratelli e sorelle che fino ad oggi continuano a portare luce nelle tenebre: persone che rispondono al male con il bene, che non cedono alla violenza e alla menzogna, ma rompono la spirale dell’odio con la mitezza dell’amore». Sono i testimoni della porta accanto, tessitori di fraternità le cui vite si intrecciano con quelle dei popoli e delle culture che incontrano.
E «Vite intrecciate» è lo slogan scelto da Missio Giovani per celebrare la ventinovesima Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri, mercoledì 24 marzo 2021, nello stesso giorno in cui, 41 anni fa, veniva assassinato l’arcivescovo di San Salvador mons. Oscar Romero. «Il sacrificio dei martiri», scrive Giovanni Rocca, segretario nazionale di Missio Giovani, nella sua introduzione alla Giornata, «è il segno tangibile che la propagazione della fede non è una crociata ma un abbraccio di culture, popoli e religioni, la totale disponibilità di sé verso l’ascolto e lo scambio reciproco, il soccorso verso chi è nel bisogno».
Secondo l’Agenzia Fides, nel 2020 sono stati uccisi nel mondo 20 missionari. Non solo missionari ad gentes in senso stretto, ma anche laici, tutti testimoni di Gesù e quindi «martiri», uccisi in circostanze diverse. Ma l’elenco delle vittime è molto più lungo e non tiene conto di tutti coloro, religiosi e laici, che ogni giorno nel mondo subiscono aggressioni e minacce e perdono la vita durante lo svolgimento delle loro occupazioni in mezzo alla gente che servono. Tutti testimoni che hanno fatto della propria vita un’opera straordinaria attraverso gesti ordinari, di ogni giorno, capaci per questo di trasmettere potenti messaggi di fraternità e perdono.
Perdono: è la parola chiave che papa Francesco richiama sempre. «Il perdono è necessario per rimanere nell’amore, per rimanere cristiani», ha detto durante la sua recente visita in Iraq, «La strada per una piena guarigione potrebbe essere ancora lunga, ma vi chiedo, per favore, di non scoraggiarvi. Ci vuole capacità di perdonare e, nello stesso tempo, coraggio di lottare». Pregare, amare e perdonare. Tre verbi che possono trasformare la vita di chiunque, ovunque ci si trovi, qualunque professione si svolga. Anche solo «donando la luce di un sorriso».
«Sembra difficile di questi tempi essere convinti che la nostra salvezza possa trovarsi proprio in coloro che incontriamo lungo la strada, davanti la porta di casa o nel luogo più sperduto della terra, eppure non c’è esperienza umana più significativa che lasciarsi guarire da un incontro», scrive ancora Giovanni Rocca di Missio Giovani. Anche solo un sorriso. Come quello che regalano le suore cottolenghine del monastero di Pralormo, dove la fraternità è il pane quotidiano che nutre le relazioni tra di loro e con il mondo esterno.
«Perché la fraternità duri nel tempo», dice la priora suor Patrizia Morosini, intervistata sulle pagine del sussidio QdF ‘Tessitori di fraternità’ – bisogna che ognuno lotti contro i propri vizi, anziché dare sempre la colpa agli altri. Noi diciamo: ‘Non importa da dove viene il torto, devo essere io la prima a riconciliarmi’. È difficile, è vero, ma in un’ottica di fede non si sbaglia a chiedere perdono per primi. E i risultati sono immediati: il conflitto si scioglie, il fuoco si spegne. E ti avvolge una pace speciale che dà la spinta a fare sempre il primo passo. Senza perdono è impossibile il dialogo».
In preparazione alla Giornata dei martiri del 24 marzo, il Centro missionario della diocesi di Torino propone sul suo sito (www.diocesi.torino.it/missionario) spunti di riflessione e di animazione; verrà inoltre trasmessa in streaming alle 20.30 la veglia di preghiera sul canale YouTube della parrocchia di Ciriè. Sul sito è disponibile anche il sussidio quaresimale «Tessitori di fraternità».
«Ciò che i missionari martiri ci lasciano in eredità», conclude il segretario nazionale di Missio Giovani, «è l’invito a riscoprire la bellezza che abita questo mondo. Ogni creatura è un immenso tempio di Dio sulla terra, capace di accogliere, ascoltare e sanare le ferite. Entrarvi significa coglierne la ricchezza e farsene custodi».
(Patrizia SPAGNOLO da «La Voce E il Tempo» del 21 marzo 2021)