«Viviamo il presente, costruiamo il domani»: è il titolo del il 30° congresso provinciale delle Acli (Associazioni cristiane lavoratori italiane) della Città Metropolitana di Torino che doveva tenersi nel marzo scorso ma, rimandato per il blocco covid, si celebra sabato 26 settembre 2020 dalle 9 alle 17.30, presso la Fabbrica delle E del Gruppo Abele a Torino in corso Trapani 91/b. Dopo la preghiera a cura di don Domenico Ricca, accompagnatore spirituale delle Acli torinesi, si aprono i lavori con la relazione della presidente Raffaella Dispenza. Segue la tavola rotonda «Parole, modelli e azioni per un vocabolario comune» a cui partecipano don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele, Sergio Durando, direttore della Pastorale Migranti della diocesi, Matteo Massaia, presidente dell’Azione Cattolica di Torino e il vicesindaco Sonia Schellino. Segue il dibattito. Nel pomeriggio, a partire dalle 13.30 l’elezione dell’assemblea dei presidenti di circolo, la relazione di mandato e organizzativa del 2016-20, dibattito e presentazione delle esperienze in atto, mozioni, votazioni e le conclusioni del Presidente.
«Inizio la mia relazione» anticipa Raffaella Dispenza, sposata, due figli, architetto, vicepresidente dal 2010 e presidente dal dicembre 2018 della Provincia di Torino «con una citazione della scrittrice indiana Arundhati Roy che nello scorso aprile parlando del coronavirus scriveva che ‘le pandemie hanno sempre costretto gli esseri umani a rompere con il passato e a immaginare il loro mondo da capo. Questa non è diversa. È un portale, un cancello tra un mondo e un altro. Possiamo scegliere di attraversarlo trascinandoci dietro le carcasse del nostro odio, dei nostri pregiudizi, l’avidità, le nostre banche dati, le nostre vecchie idee, i nostri fiumi morti e cieli fumosi. Oppure possiamo attraversarlo con un bagaglio più leggero, pronti a immaginare un mondo diverso. E a lottare per averlo’». Ci troviamo probabilmente a questo snodo, riflette Dispenza. «E il nostro 30° congresso che rappresenta per noi anche il momento in cui ci rivediamo tutti insieme, dopo mesi di distanza, si colloca in un anno davvero inedito, in cui abbiamo vissuto un evento difficile da spiegare a parole, perché ha coinvolto tutta la nostra esistenza, la dimensione privata, familiare, professionale, sociale, culturale economica e politica. Eppure abbiamo il dovere di trovare le parole, di trovare delle icone che ci aiutino a condividere quello che è stato, a tenere insieme la tanta paura, la tanta solidarietà di quei giorni, le tante fatiche di associazioni e istituzioni che hanno provato a fare il proprio dovere in mezzo a tante difficoltà concrete».
Tra le tante icone di questi mesi la presidente ricorda la piazza vuota di San Pietro percorsa in silenzio dal Papa venerdì 27 marzo conclusa con la benedizione Urbi et Orbi in un abbraccio a tutta l’umanità sofferente, i volti distrutti dei medici e degli infermieri, i carri che trasportavano i morti. «E poi i nostri circoli chiusi ma che hanno provato a tenere contatti, a pubblicare materiali, a produrre socialità anche in periodo di distanziamento; le nostre sedi aperte solo a distanza, cercando di accogliere il bisogno in un modo totalmente nuovo, senza ‘vicinanza’, quasi un ossimoro per noi; i nostri volontari a casa, per non essere esposti al rischio contagio…»
Ma poi terminato il contagio, le Acli provinciali, una realtà che conta 12.400 soci, 47 circoli e associazioni affiliate 20 sedi di servizi di Patronato e Caf e oltre 20 di punti di raccolta e assistenza (tra cui uno all’interno del carcere torinese) gestiti da volontari sono tornati in pista.
«Subito dopo, terminato il lockdown, abbiamo iniziato a cercare tracce di futuro, per provare a voltare pagina, per costruire il domani, per quel bisogno profondo degli uomini e delle donne, di trasformare in bene, in speranza, in possibile, anche le esperienze più terribili» conclude Raffaella Dispenza. «Prendendo a modello Cristo che cura le ferite dei malati non recitando formule magiche, ma suscitando fiducia, facendo fiorire la vita dalla fiducia reciproca, infondendo coraggio, rafforzando l’autostima dei disprezzati, non trasformando pietre in pani, ma piuttosto condividendo il pane già impastato. Pur sapendo che i risvolti psicologici e antropologici di quanto è stato sono ancora da indagare e da comprendere».
Ecco, le Acli Torinesi ripartono da qui con l’aiuto di della rete ecclesiale diocesana e civile con cui la collaborazione è costante (di qui gli ospiti al congresso non a caso celebrato nella sede del Gruppo Abele).
(testo di Marina Lomunno da «La Voce E il Tempo» del 27 settembre 2020)