Oggi, prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani voluta da Francesco. Nell’omelia preparata dal Papa e pronunciata da monsignor Fisichella, che ha presieduto stamattina la Messa per l’occasione nella Basilica vaticana, si sottolinea la necessità di tenere uniti “il tesoro della tradizione e la freschezza dello Spirito”. I nonni e gli anziani, ricorda Francesco, non sono degli avanzi di vita o scarti da buttare
Adriana Masotti – Città del Vaticano
Monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, apre la celebrazione assicurando all’assemblea e a tutti gli anziani in ascolto, la vicinanza del Papa che non è presente in Basilica ma li saluterà alla fine della Messa nel corso dell’Angelus. Per lui questi sono giorni di convalescenza, dice, “e noi desideriamo che non si affatichi ulteriormente, perché possa trascorrere questi ultimi giorni in riposo per riprendere pienamente le forze e il suo ministero pastorale”. (Ascolta il servizio con brani dell’omelia del Papa letta da monsignor Fisichella)
In questa prima Giornata mondiale dedicata ai nonni e agli anziani, “vedere”, “condividere” e “custodire” sono i tre verbi che Papa Francesco utilizza nell’omelia preparata per descrivere il rapporto tra le generazioni, auspicando una nuova alleanza per “condividere il tesoro comune della vita”, per “sognare insieme”, e “per preparare il futuro di tutti”, superando egoismi e solitudini. Le parole del Papa, pronunciate dall’arcivescovo, prendono spunto dal brano del Vangelo di Giovanni che narra uno dei miracoli di Gesù spinto dalla compassione per la folla che lo seguiva. “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?” chiede Gesù a Filippo. “Gesù – sottolinea il Papa – si lascia interrogare dalla fame che abita la vita della gente”, trasforma i cinque pani d’orzo e i due pesci ricevuti e dopo che tutti avranno mangiato, i discepoli raccoglieranno ancora ciò che è avanzato “perché nulla vada perduto”. Gesù, dunque, vede la fame, condivide il pane, fa custodire i pezzi avanzati.
Vedere: c’è bisogno di uno sguardo attento
L’evangelista Giovanni sottolinea un particolare: Gesù alza gli occhi e vede la folla affamata dopo aver camminato tanto per incontrarlo. Lo sguardo di Gesù, commenta Francesco, non è indifferente o indaffarato:
Egli si preoccupa di noi, ha premura per noi, vuole sfamare la nostra fame di vita, di amore e di felicità. Negli occhi di Gesù vediamo lo sguardo di Dio: è uno sguardo attento, che si accorge di noi, che scruta le attese che portiamo nel cuore, che scorge la fatica, la stanchezza e la speranza con cui andiamo avanti. Uno sguardo che sa cogliere il bisogno di ciascuno: agli occhi di Dio non esiste la folla anonima, ma ogni persona con la sua fame.
Anche i nonni e gli anziani hanno avuto quello stesso sguardo con noi, fa notare il Papa, quando, nella nostra infanzia, si sono presi cura di noi:
Dopo una vita spesso fatta di sacrifici, non sono stati indifferenti con noi o indaffarati senza di noi. Hanno avuto occhi attenti, colmi di tenerezza. Quando stavamo crescendo e ci sentivamo incompresi, o impauriti per le sfide della vita, si sono accorti di noi, di cosa stava cambiando nel nostro cuore, delle nostre lacrime nascoste e dei sogni che portavamo dentro. Siamo passati tutti dalle ginocchia dei nonni, che ci hanno tenuti in braccio. Ed è anche grazie a questo amore che siamo diventati adulti.
Una società che corre, è indifferente
Papa Francesco invita tutti a domandarsi quale rapporto abbiamo oggi con i nostri nonni, se ci ricordiamo di loro e se facciamo loro compagnia e dice:
Soffro quando vedo una società che corre, indaffarata e indifferente, presa da troppe cose e incapace di fermarsi per rivolgere uno sguardo, un saluto, una carezza. Ho paura di una società nella quale siamo tutti una folla anonima e non siamo più capaci di alzare lo sguardo e riconoscerci.
I nonni, prosegue, hanno bisogno della nostra attenzione, hanno bisogno di sentirci accanto.
Condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo
La moltiplicazione dei pani e dei pesci compiuta da Gesù, osserva nella sua omelia il Papa, avviene grazie al dono di un ragazzo disposto a condividere con gli altri quello che ha. E prosegue:
Oggi c’è bisogno di una nuova alleanza tra giovani e anziani, di condividere il tesoro comune della vita, di sognare insieme, di superare i conflitti tra generazioni per preparare il futuro di tutti. Senza questa alleanza di vita, di sogni e di futuro, rischiamo di morire di fame, perché aumentano i legami spezzati, le solitudini, gli egoismi, le forze disgregatrici. Spesso, nelle nostre società abbiamo consegnato la vita all’idea che “ognuno pensa per sé”. Ma questo uccide! Il Vangelo ci esorta a condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo: solo così possiamo essere saziati.
Solo unendo profezia ed esperienza, tradizione e freschezza, afferma ancora il Papa, possiamo andare avanti. Giovani e anziani insieme nella società e nella Chiesa, è la sua esortazione.
Nulla agli occhi di Dio va scartato, nulla deve andare perduto. Se Gesù si preoccupa di raccogliere il pane avanzano, tanto più vanno custodite le persone. Il Papa afferma: “nessuno è da scartare”:
I nonni e gli anziani non sono degli avanzi di vita, degli scarti da buttare. Sono quei pezzi di pane preziosi rimasti sulla tavola della nostra vita, che possono ancora nutrirci con una fragranza che abbiamo perso, “la fragranza della memoria”. Non perdiamo la memoria di cui gli anziani sono portatori, perché siamo figli di quella storia e senza radici appassiremo. Essi ci hanno custoditi lungo il cammino della crescita, ora tocca a noi custodire la loro vita, alleggerire le loro difficoltà, ascoltare i loro bisogni, creare le condizioni perché possano essere facilitati nelle incombenze quotidiane e non si sentano soli.
Stabilire un’alleanza con i nostri anziani
Ancora una volta Francesco, al termine della sua omelia, invita ciascuno a farsi un esame di coscienza riguardo all’attenzione che dedica ai nonni e anche agli anziani del proprio quartiere. E a ricordare il bene ricevuto.
Per favore, non dimentichiamoci di loro. Alleiamoci con loro. Impariamo a fermarci, a riconoscerli, ad ascoltarli. Non scartiamoli mai. Custodiamoli nell’amore. E impariamo a condividere con loro del tempo. Ne usciremo migliori.