Torino, una città universitaria sempre più accogliente e inclusiva verso i giovani studenti. Quelli che i rapporti Istat definiscono tra i più poveri. In questa ottica ieri mattina l’assessore comunale ai Diritti, Marco Giusta, ha siglato un accordo quadro con i rappresentanti di diverse confessioni religiose. Riguarda la vita degli oltre 100mila iscritti nei due atenei torinesi: tra di loro il 7% è straniero, ma la percentuale raddoppia se si considera solo il Politecnico. Si è trattato di una firma importante per l’assessore grillino che, anche con una certa emozione, ha sottolineato l’approccio laico, ma non laicista, di questo documento nato nell’orbita del Comitato Interfedi. Il Comitato presieduto da Valentino Castellani, ex sindaco del capoluogo, è stato costituito al tempo delle Olimpiadi 2006. Il preambolo dell’accordo sostiene che «la dimensione pubblica della Città distingue la laicità, che include tutte le religioni e le convinzioni spirituali (incluso l’ateismo) come dimensione caratterizzante la personalità dell’individuo, dal laicismo, inteso come negazione della spiritualità e della dimensione religiosa nello spazio pubblico».
Un passaggio significativo per don Luca Peyron, direttore della pastorale universitaria della Diocesi e firmatario dell’accordo. «Riconoscere la dimensione spirituale – afferma – e su di essa fondare nuove collaborazioni tra pubblico e privato rappresenta un significativo ed importante passo avanti verso un dialogo autentico nel rispetto di tutti». Un tavolo giovani, di una trentina di ragazzi di varie religioni, si incontra infatti per confrontarsi sulle necessità degli studenti. Il primo passo è quello di comunicare cosa già esiste: ad esempio, dove sono le aule studio in città, le residenze universitarie (quelle che fanno riferimento al mondo cattolico offrono 1.500 posti e sono in crescita). E lavorare insieme per un sistema di welfare integrato che interviene dove gli atenei non possono senza tralasciare, come ha ricordato don Peyron, che «Torino è l’unica grande città universitaria del mondo dove all’interno degli atenei non è garantito un servizio di cappellania. E questo accordo, primo in Italia, può aiutare a cambiare le cose».
Chiara Genisio
Fonte: Avvenire